Descrizione
La Baita è Aperta solo su prenotazione e saltuariamente gestita da volontari, chiamando il numero del rifugio GAC.
Il rifugio G.A.C. sorge a 1637 m tra il Passo della Manina e le pendici del Monte Sasna. Ricavato nelle ex case dei minatori meglio conosciute come “Case Rosse”, è gestito dal Gruppo Alpinistico Celadina dal 1975. Dispone di 40 posti letto, ambienti riscaldati, bagni con docce, due cucine, due saloni, un bar e un locale invernale sempre aperto. Si colloca a circa metà percorso sul Sentiero delle Orobie tra il Rifugio Curò e il Rifugio Albani.
La Baita Case Rosse è posta in comune di Vilminore di Scalve nei pressi del passo della Manina e del Sentiero delle Orobie.
Come arrivare Il rifugio, situato nel territorio di Vilminore in Valle di Scalve, è facilmente raggiungibile. • Da Nona in 40’ percorrendo la comoda strada sterrata (in alternativa segnavia 408). • Da Lizzola (Valbondione) in ore 1,30 per segnavia 307 fino al passo della Manina e dal passo in 20’ per segnavia 408. • Per la sua posizione intermedia tra i rifugi Curò ed Albani, il rifugio offre un ottimo punto di riferimento per chi percorre la traversata. Le miniere della Manina - Cenni storici Il territorio della Manina, spartiacque orografico tra l’Alta Val Seriana e la Val di Scalve, è stato fino agli anni ’70 uno tra i più importanti complessi minerari della Lombardia. L’estrazione del ferro in questa area è già attiva al tempo dei Romani, prosegue con la dominazione Carolingia e successivamente sotto il governo della Serenissima. Nel corso dei secoli l’attività estrattiva diventa l’economia trainante dell’intera Val di Scalve favorendo lo sfruttamento di altre risorse naturali, in particolare l’utilizzo delle foreste per la produzione del carbone, indispensabile alla lavorazione del minerale. Verso la fine del 1800, con l’avvento della rivoluzione industriale, le nuove tecniche di estrazione e trasporto del minerale a valle danno nuovo slancio all’attività. Negli anni ‘30 ha inizio la costruzione della strada Nona-Manina, tuttora esistente, e nascono le prime teleferiche collegate direttamente ai forni fusori. L’estrazione diventa particolarmente attiva durante il secondo conflitto mondiale fino al 1944, quando le miniere della Manina vengono chiuse. Riapriranno di nuovo nel 1952 per essere poi definitivamente smantellate negli anni ‘70. Nei pressi del rifugio sono ancora ben visibili gli imbocchi delle miniere, le discariche e i resti di una polveriera. Le tracce dell’attività mineraria si possono altresì scorgere negli squarci che qua e là compaiono come grosse ferite sul fianco della montagna.